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YOGA SUTRA DI PATANJALI

In Occidente, quando parliamo di Yoga, di solito intendiamo la pratica delle asana o, nella migliore delle ipotesi, la pratica del pranayama e di tecniche di concentrazione e meditazione. Questa, tuttavia, è una visione assai limitata degli obbiettivi, dei mezzi e della vera natura dello Yoga!

Lo Yoga, per come è inteso tradizionalmente, è un percorso spirituale che fornisce al praticante le tecniche e le conoscenze necessarie ad entrare in contatto e ricongiungersi con l’Assoluto. E’ una scienza pragmatica senza tempo che si è evoluta in migliaia di anni e riguarda non solo il benessere fisico dell’uomo, ma anche e soprattutto quello morale, mentale e spirituale. La sua pratica aiuta a sviluppare l’essere umano nella sua interezza.

Il termine Yoga deriva dalla radice sancrita yug, che significa “legare assieme”, “unire”; pertanto non è corretto considerarlo semplicemente come un esercizio!

Lo Yoga è la realizzazione dello stato per cui il soggetto (colui che cerca), l’oggetto (l’oggetto della ricerca) e l’atto della ricerca (la pratica) non sono più entità separate, ma sono un tutt’uno. In questo stato viene svelata la vera natura dell’esistenza.

YOGA SUTRA, DATAZIONE E SIGNIFICATO Uno dei più importanti testi dello Yoga classico è lo Yoga Sutra (dal sanscrito “aforismi sullo yoga”) di Patanjali. Lo Yoga Sutra contiene 195 brevi aforismi che descrivono la pratica e i mezzi tramite cui raggiungere lo Yoga (l’Unità). Non si conosce l’esatta datazione di questo testo ma si pensa che sia stato scritto tra l’anno 0 e il 400 d.C. E’ stata l’opera, tra i testi dell’India antica, maggiormente tradotta durante l’era medievale e, malgrado la grande diffusione che ebbe all’epoca, ne sono state perse le tracce per circa 700 anni (tra il XII e il XIX secolo). E’ stato solo grazie al prezioso lavoro di Swami Vivekananda che è tornato ad essere conosciuto e studiato nel XX secolo. Nei suoi aforismi, Patanjali elenca gli ashtanga (dal sanscrito asht, “otto” e angas, “arti”, “rami”, spesso tradotto con “gli otto stadi”) dello Yoga. Una possibile interpretazione di questi stadi è considerarli come i gradini di una scala che il praticante deve salire per raggiungere kaivalya, la suprema libertà. Anche se questa spiegazione è intuitiva e chiara, non è del tutto corretta: ashtanga infatti significa letteralmente gli otto arti, intesi come le braccia e le gambe dello Yoga, e questa definizione è più appropriata per capire meglio il carattere organico della struttura dello Yoga definita da Patanjali.

YOGA COME UNITÀ Lo Yoga, in ultima analisi, come spiega Patanjali, è la comprensione della sostanziale non dualità della realtà: l’illuminazione si verifica quando il soggetto, l’oggetto e l’atto del ricercare sono compresi come essenzialmente unitari. Yoga (unità) avviene quando non esistono più né “io”, né “tu”, esiste solamente una coscienza che è consapevole del Tutto. Secondo Patanjali, la mente razionale non può comprendere questa fondamentale Unità, infatti egli definisce lo yoga anche come citta vritti nirodha (YS 1.2), cioè la “cessazione delle fluttuazioni della mente”. L’assenza di pensiero permette a “colui che vede di accettare il suo stato naturale” (YS 1.3).

Ma come si può raggiungere questo stato di non pensiero?

Nei suoi aforismi, Patanjali sostiene che prima di tutto bisogna purificare i propri comportamenti e le proprie attitudini verso gli altri e verso se stessi. Inoltre si deve mantenere il corpo in salute e la mente allenata, in modo che entrambi siano pronti per la concentrazione e la meditazione.

Attraverso questi mezzi, si può avere esperienza diretta dello stato diSamadhi,la temporanea consapevolezza (non razionale) di Unione.

GLI 8 STADI DELLO YOGA Come già anticipato, Patanjali organizza questo “percorso” in otto stadi denominati:


  1. Yama (principi etici e morali)

  2. Niyama (discipline)

  3. Asana (posture fisiche)

  4. Pranayama (controllo della respirazione e delle energie)

  5. Pratyahara (riassorbimento dei sensi)

  6. Dharana (concentrazione)

  7. Dhyana (meditazione)

  8. Samadhi (stato di grazia, esperienza diretta dell’unione tra il soggetto e l’oggetto)


Namasté

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